sabato 21 agosto 2010

verso una teoria del calcestruzzo

Nel 1957 ero un giovane ingegnere, appena entrato nel mondo del lavoro in una impresa di costruzioni romana, dopo che avevo, con ferrea determinazione, dribblato un osceno e fugace passaggio in un ministero.
Inaspettatamente mi trovai proiettato come borsista a Milano, nella avventura dell’AGIP Nucleare, che Enrico Mattei (conservo incorniciata la lettera di assunzione con la sua firma autografa) aveva voluta con lungimiranza, avviando la costruzione della Centrale Nucleare di Latina.
Così dall’autunno 1958 alla primavera del ’63 rimasi a Latina, dove iniziai occupandomi del controllo di qualità del calcestruzzo fresco e della sua resistenza a rottura. In seguito, allargatesi le mie mansioni, conservai fino alla fine dei lavori la responsabilità del laboratorio prove materiali.
All’inizio l’unico riferimento era ancora il decreto 2228 del 1939 (ci sono voluti altri dieci anni per superarlo), non c’era ancora in Italia l’industria del ready mixed e non ci capiva niente nessuno, università compresa.
Voglio qui ricordare il mio primo mentore, l’ing. Franco Orsenigo (che mi sembrava vecchio, ma aveva solo trentacinque anni), che era il dirigente del cantiere ed era arrivato fresco fresco dalla direzione lavori della diga del Vajont, dove ovviamente la tecnologia del calcestruzzo era la più avanzata in Italia. I primi rudimenti me li feci con uno stage in Gran Bretagna dove, sia pure in modo molto empirico, erano anni luce avanti alle esperienze italiane. In quegli anni fui anche membro dell’American Concrete Association, i cui proceedings erano all’avanguardia mondiale in questo settore.
Nel mio laboratorio furono testati circa 30.000 cubetti di calcestruzzo, sia di produzione che sperimentali: tutti i risultati venivano analizzati col metodo statistico.
Furono anche condotti studi, che portarono ad un finanziamento Euratom per lo studio di applicazioni del calcestruzzo pesante (baritico), soggetto a sollecitazioni termiche per strutture schermanti in calcestruzzo precompresso nei reattori nucleari..
In quegli anni misi le basi per una teoria organica che legasse le variabili indipendenti (di progetto) a quelle dipendenti (specifiche della composizione) per il calcestruzzo.
Poi morì Mattei, venne il ciclone Saragat-Ippolito e l’Enel, con l’inondazione dell’economia italiana dei più che generosi rimborsi alle ex società elettriche (impreparate a gestire liquidità di quella portata), fino alle immeritate fortune di un “verde” dottore in fisica (ch evito di citare per nome, seguendo l’esempio di Carlo Bernardini a proposito di un noto personaggio del mondo accademico), il quale con la complicità dei mezzi così detti di informazione ha dato una mano sostanziale a precipitarci nella situazione energetica attuale (ma questa è un’altra storia).
Così ho continuato saltuariamente e a tempo perso ad occuparmi dell’argomento, mentre facevo parte di quella grande e gloriosa impresa che fu la Sogene .
Poi ho cambiato del tutto mestiere, e il lavoro sul calcestruzzo è rimasto nel cassetto.
Queste pagine riprese ora, con la calma consentita dall’essermi ritirato dal lavoro attivo, mi sono sembrate avere ancora qualche interesse, anche se forse sono superate dai progressi che la materia nel frattempo ha certamente conseguito, e dei quali non mi sono mantenuto al corrente.
Pertanto le sottopongo al giudizio dei cultori della materia per quello che ancora possono valere, dai quali sarà gradito ricevere qualche commento e giudizio.

Leggi o scarica i documenti: Teoria del calcestruzzo,   Allegati

venerdì 20 agosto 2010

presentazione

Fra le tante anime che ognuno di noi ha, devo avere ricevuto anche un pezzetto d'anima d'archivista, nel senso del piacere, del desiderio, addirittura dell'ossessione di avere tutte le notizie reperibili e ritrovabili con facilità.
Nei miei verdi anni avevo adattato, personalizzato, delle schede perforate a gestione manuale, con le quali tenevo l'archivio del cantiere. Poi divenni un assiduo programmatore in PERT.
All'inizio degli anni 80, quando il mio figlio più grande passò dal Commodore al primo  PC (era un 8088), io feci un grande sforzo per accodarmi, perché avevo già cinquant'anni.
Mi ricordo la tragedia che era dover litigare con il DOS , con control alt e con quelle altre cose tremende. Poi con molta fatica ho imparato e posso dire che, rispetto alla mia generazione, ho adoprato il computer molto per tempo, e tuttora lo uso moltissimo: ci disegno, uso il foglio elettronico, agenda, tutto.
Però quello che non ho mai fatto, dove non sono mai approdato è stato il mondo delle chat, quello dei blog, quello di facebook, tutte queste cose qua, perché non lo so ... non mi attirano.
Ma ora ho incominciato a pensare che sarebbe ora, anzi i miei figli hanno cominciato a dirmi che sarebbe ora, che io riversassi un pò quelli che sono i ricordi, non tanto quelli della mia vita, ma i ricordi intesi come la raccolta delle testimonianze che ho ricevuto da nonne, zii, genitori, e dalle tante persone che ho conosciuto e che ora non ci sono più. E ormai sono la maggior parte.
I loro racconti, ma anche episodi che ho visto direttamente,  che magari non mi riguardano direttamente.
E poi ci sono anche altre cose che vorrei fare prima di andarmene e cioè mettere a punto le mie collezioni di radio, le mie collezioni di oggetti di antiquariato tecnologico, qualche cosa di macchine fotografiche, che vorrei poi i lasciare a qualche museo.
Però devo classificarle, raccontarle.
Poi ho messo a punto un lavoretto (sul calcestruzzo) che ho cominciato sessant'anni fa, che forse oggi non serve più a niente, ma che comunque ho finito, per il piacere di non lasciare una cosa in sospeso.
E tante altre cose di questo genere.
Così i miei figli mi hanno consigliato di fare un contenitore dove buttare questa roba, e mi hanno detto che un blog sarebbe la cosa migliore come contenitore.
In effetti poi se  miei vecchi colleghi e amici, coetanei, quei pochi superstiti che ancora ci sono, avranno voglia di cercarmi, qui troveranno forse qualcosa che coincide con i loro ricordi; e se qualche giovane amico, e questi ci sono tutti,  vorranno cercarmi,  troveranno delle cose che possono anche essere interessanti, perchè se ne va perdendo la memoria.
Per fare un esempio nel campo dei ricordi e delle testimonianze, io avevo una zia (zia Annamaria), sorella di mia madre, che è morta a cento anni: molti anni prima l'avevo munita di un registratore e lo ho detto: "zia registra tutte le storie di cui tu hai sentito parlare in famiglia, da tua nonna ecc.".  Non l'ha fatto. Naturalmente di queste cose che mi ha raccontato e quelle che mi hanno raccontato le nonne ecc. io molto ho dimenticato. Di molte cose che le mie nonne raccontavano, quando io avevo quindici anni, ho ormai poco più di qualche impressione; e però, quando non ci sarò più io, i figli non ne sapranno più niente.
Invece quelle sono cose che secondo me sono interessanti , perché la storia non è fatta dalle date delle battaglie, dai re e da altre cose di questo genere.
È fatta dagli episodi della vita comune che son quelli che è poi più difficile ricostruire. Oggi noi ne sappiamo qualcosa attraverso i film di costume, attraverso i libri, specialmente romanzi (mi viene in mente la Storia della Morante o Le bibliotecarie di Alessandria).
Però sono solo briciole di quello che potrebbe esere il lessico famigliare della società presente, che comunque non bastano mai, ecco, non bastano mai.
Quindi in questo contenitore piano piano infilerò questa roba.
Poi c'è la mia biblioteca!, che almeno per la parte ricevuta dagli zii Canestri, è davvero ragguardevole.
E qualche riflessione politica, perchè no?
Magari parlerò anche dei miei hobbies, di quando ero radioamatore, del mio laboratorio meccanico, orologiaio, doratore, elettronico, da falegname che io chiamo officina e dove il "fai e ripara da te" impera a livello quasi professionale (i miei figli sostengono che mi ci sono giocato il matrimonio, ma ora va bene così!).
Per ora è un contenitore praticamente vuoto dove se i miei amici verranno, intanto cominceranno a vedere dove sto io. grazie.